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Premessa: gli effetti della riforma del titolo V della Costituzione

Le modifiche apportate al titolo V della Costituzione dalla legge Costituzionale n. 3/2001 fissano un nuovo rapporto stato-regioni, riconoscendo a queste ultime la potestà legislativa esclusiva sia per tutto ciò che attiene al proprio autogoverno, sia, in via residuale, nelle materie non attribuite alla competenza dello Stato.
Le leggi dello Stato che disciplinano materie ora di competenza esclusiva delle Regioni (fra le quali il commercio) rimangono comunque in vigore fintanto che una apposita e successiva legge regionale non le modifichi o sostituisca.
Da ciò ne consegue che il d.lgs. 114/98 (c.d. legge Bersani), che disciplina l'esercizio delle attività commerciali, pur rimanendo un importante punto di riferimento nel settore, è oggi sostituito dalle singole normative regionali di settore laddove le regioni si siano avvalse delle nuove competenze.
Alcune delle risposte seguenti hanno pertanto una mera valenza di carattere generale, essendo altresì indispensabile verificare la rispondenza delle stesse alle specifiche disposizioni, spesso diverse tra loro, vigenti a livello regionale.

1) Qual è il più recente riferimento normativo generale che disciplina il settore commerciale nel suo complesso?
E' il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (noto come decreto Bersani) che stabilisce i principi e le norme generali sull'esercizio dell'attività commerciale e rimanda alla normativa regionale la disciplina di attuazione.
Tale disciplina, che a seguito della citata riforma del Titolo V della Costituzione è stata sostituita dalle normative regionali di settore delle quali tuttavia ne integra gli aspetti che non sono stati disciplinati, è altresì tuttora vigente in quelle regioni che non hanno ancora adottato leggi proprie in materia.

2) Quali sono gli orari di vendita consentiti dalla legge? E cosa prevede la legge per le aperture domenicali e nei giorni festivi?
Gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio possono restare aperti al pubblico dalle ore sette alle ore ventidue. Nell'ambito di questo arco temporale spetta al negoziante fissare, anche sulla base di eventuali criteri stabiliti dal Comune, l'orario di apertura e di chiusura del negozio che, comunque, non può rimanere aperto per più di 13 ore giornaliere.
Gli esercizi commerciali devono rispettare la chiusura domenicale e nei giorni festivi, nonché, nei casi stabiliti dai Comuni, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale. La legge, tuttavia, consente ai Comuni di individuare dei giorni di deroga all'obbligo di chiusura domenicale e festiva; tali giorni comprendono comunque quelli del mese di dicembre e, in più, ulteriori otto domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell'anno.
Nei Comuni ad economia prevalentemente turistica e nelle città d'arte gli esercenti possono liberamente determinare gli orari di apertura e chiusura dei negozi e possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva.
Tale disciplina è tuttavia suscettibile di notevoli variazioni, nell'ambito delle diverse normative regionali, in relazione alle caratteristiche specifiche del territorio di riferimento.

3) Qual è la procedura per iniziare un’attività commerciale?
Per avviare un'attività commerciale occorre:
a. Avere i requisiti morali e, per il settore alimentare, anche quelli professionali previsti dall' art. 5 D.lgs. 114/98.
b. Scegliere la forma giuridica dell'azienda (società di persone o di capitali).
c. Inviare al comune, se trattasi di esercizi con superficie fino a 150 mq nei comuni fino a 10.000 abitanti ed a 250 mq negli altri (esercizi di vicinato), la comunicazione sul modello COM 1 (reperibile sul sito Internet http://www.minindustria.it/ ed attendere 30 giorni prima dell'inizio dell'attività. La necessaria decorrenza di tale termine deve tuttavia essere verificata nell'ambito delle diverse normative regionali, in considerazione delle modifiche operate dall'art. 3 del D.L. 35/2005 alla legge 241/90 in tema di denuncia d'inizio attività (c.d. DIA).
d. Nel caso si tratti di strutture oltre i limiti suddetti e fino 1.500 mq nei comuni fino a 10.000 abitanti e 2.500 mq negli altri comuni (medie strutture), nonché per insediamenti superiori a questi limiti (grandi strutture), deve essere presentata al comune, tramite il modello COM 2 (reperibile sul sito Internet http://www.minindustria.it/), domanda per ottenere l'autorizzazione all'esercizio del commercio.
e. Iscriversi, entro 30 giorni dall'inizio dell'attività, nel Registro delle imprese presso la CCIAA.
f. Richiedere la partita IVA, scegliendo nel contempo il regime contabile.
g. Aprire la posizione Inps ed assicurativa.
h. Stipulare il contratto di locazione o quello relativo all’acquisto dell’immobile sede dell’attività.
i. Se si apre un negozio con superficie di vendita superiore a 400 metri quadri, occorre il nulla osta dei vigili del fuoco cui si sostituirà, a partire dal gennaio 2006, il certificato prevenzione incendi.
j. Per la vendita di generi alimentari (ved. domanda n. 8), occorre il nulla osta dell' ASL ed, in alcune regioni, il libretto sanitario per datore di lavoro e lavoratori.
k. Per la vendita di gioielli, occorre l’autorizzazione di pubblica sicurezza e la tenuta del Registro.
Talune regioni hanno altresì stabilito soglie dimensionali diverse ai fini della classificazione di piccole, medie e grandi strutture di vendita. Per ulteriori informazioni è pertanto opportuno rivolgersi all'associazione commercianti della propria provincia.

4) Che requisiti bisogna avere per poter avviare un'attività commerciale e a chi bisogna rivolgersi?
Per avviare un’attività di vendita sono necessari i seguenti requisiti morali:
-non essere stati dichiarati falliti;
- non aver riportato una condanna definitiva per delitto non colposo, per cui sia prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni;
-non aver avuto una condanna per delitti contro la Pubblica amministrazione, l’economia, l’industria e il commercio, ovvero per ricettazione, riciclaggio, emissione di assegni a vuoto, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione o rapina;
- non aver riportato due o più condanne a pena detentiva o pecuniaria, nel quinquennio precedente all’inizio dell’attività;
- non essere stati sottoposti alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956 n. 1423 (sorveglianza speciale, divieto di soggiorno, obbligo di soggiorno);
- non essere stati dichiarati “delinquenti abituali, professionali o per tendenza”.
Sono necessari solo per la vendita di generi alimentari (salvo eccezioni come ad es. la regione Puglia, che richiede i requisiti professionali anche per il settore non alimentare) i seguenti requisiti professionali:
- avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio istituito o riconosciuto dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano;
- avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita all’ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari;
-avere lavorato per almeno due anni nell’ultimo quinquennio presso imprese esercenti l’attività nel settore alimentare come dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o – in caso di coniuge, parente o affine entro il terzo grado dell’imprenditore - in qualità di coadiutore familiare;
- essere stato iscritto negli ultimi 5 anni al registro esercenti il commercio (REC).
I corsi professionali vengono organizzati dalle Associazioni di categoria e dagli enti da esse costituiti, come ad esempio i Centri di assistenza tecnica (CAT), nonché dalle Camere di commercio.

5) E' possibile vendere nell'ambito di una stessa attività prodotti di generi diversi?
Sì, purchè, nel caso di vendita di generi alimentari, l'esercente sia in possesso dei requisiti professionali e abbia rispettato le disposizioni igienico-sanitarie che disciplinano la vendita di tali prodotti.

6) Ci sono obblighi o requisiti particolari per la vendita di generi alimentari?
Gli esercizi di vendita di alimenti e bevande non necessitano di autorizzazione sanitaria (è sufficiente richiedere all'ASL un semplice nulla osta) ma sono tuttavia tenuti a rispettare i requisiti igienico-sanitari e devono essere forniti di idonei mezzi di conservazione degli alimenti (ved. D.P.R. 327/80).
L'autorizzazione sanitaria è invece necessaria per tutte le attività che forniscono al pubblico alimenti preparati, cotti o comunque manipolati (quali ad es. ristoranti, bar, trattorie, pizzerie, panifici, latterie, cantine, ecc.).

7) Quali indicazioni devono obbligatoriamente riportare i prodotti alimentari confezionati?
I prodotti alimentari confezionati, destinati al consumatore, devono riportare le seguenti indicazioni:
a. La denominazione di vendita; la denominazione comporta una indicazione relativa allo stato fisico in cui si trova il prodotto alimentare o al trattamento specifico da esso subito (ad esempio: in polvere, concentrato, liofilizzato, surgelato, affumicato) se l'omissione di tale indicazione può creare confusione nell'acquirente;
b. l'elenco degli ingredienti; l'elenco é costituito dalla enumerazione di tutti gli ingredienti del prodotto alimentare, in ordine di peso decrescente al momento della loro utilizzazione;
c. la quantità netta o, nel caso di prodotti preconfezionati in quantità unitarie costanti, la quantità nominale; la quantità dei prodotti alimentari preconfezionati deve essere espressa in unità di volume per i prodotti liquidi ed in unità di massa per gli altri prodotti, utilizzando per i primi il litro (l o L), il centilitro (cl) o il millilitro (ml) e per gli altri il chilogrammo (kg) o il grammo (g), salvo deroghe stabilite da norme specifiche;
d. il termine minimo di conservazione o, nel caso di prodotti molto deperibili dal punto di vista microbiologico, la data di scadenza. Il termine minimo di conservazione è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione; esso va indicato con la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro" quando la data contiene l'indicazione del giorno, o con la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro la fine" negli altri casi, seguita dalla data oppure dalla indicazione del punto della confezione in cui essa figura. La data di scadenza é la data entro la quale il prodotto alimentare va consumato; essa va indicata con la dicitura "da consumarsi entro" seguita dalla data oppure dalla indicazione del punto della confezione in cui essa figura;
e. il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea;
f. la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;
g. il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande aventi un contenuto alcolico superiore a 1,2% in volume;
h. una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenza del prodotto;
i. le modalità di conservazione e di utilizzazione, qualora sia necessaria l'adozione di particolari accorgimenti in funzione della natura del prodotto;
j. le istruzioni per l'uso, ove necessario;
k. il luogo di origine o di provenienza, nel caso in cui l'omissione possa indurre in errore l'acquirente circa l'origine o la provenienza del prodotto.
Le indicazioni devono essere riportate in lingua italiana; é consentito riportarle anche in più lingue. Nel caso di menzioni che non abbiano corrispondenti termini italiani (es. formaggio greco feta) é consentito riportare le menzioni originarie.

8) Quali sono le possibili forme di vendita straordinarie?
Il decreto 114/98 elenca quali diverse forme di vendita straordinaria quelle di liquidazione, di fine stagione e le promozionali. La norma si limita a definire tali forme di vendita, senza dettare specifiche regolamentazioni, che potrebbero invece essere state previste dalle regioni nelle singole leggi emanate in materia di commercio.
Le vendite di liquidazione sono effettuate dall'esercente per motivi specifici come la cessazione dell'attività, il trasferimento dell'azienda o del locale, la trasformazione o il rinnovo dei locali.
Le vendite di fine stagione (saldi) riguardano prodotti di carattere stagionale o di moda che se non venduti entro un certo periodo di tempo subiscono un deprezzamento. Per tale tipo di vendita le regioni fissano i due periodi annuali durante i quali risulta possibile effettuare la vendita. Nell'ambito di tale periodo i singoli comuni emanano conseguentemente un calendario relativo sia al periodo estivo che a quello invernale. Annualmente sul sito confcommercio sono pubblicate le date relative alle Regioni ed alle città capoluogo di regione.
Le vendite promozionali sono quelle esercitate dall'esercizio commerciale per tutti o per parte di prodotti merceologici per un determinato periodo di tempo limitato. Anche in tale caso le regioni potrebbero imporre limitazioni all'esercizio di tale tipologia di vendita fissando periodi di durata massima o limitazioni merceologiche.

9) Cosa si intende per "vendite sottocosto"?
E' definita "vendita sottocosto" la vendita al pubblico di uno o più prodotti ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture d'acquisto maggiorato dell'IVA e di ogni altra tassa o imposta connessa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti e contribuzioni riconducibili al prodotto purché documentati. La regolamentazione delle vendite sottocosto è contenuta nel D.P.R. 6 aprile 2001 n. 218.

10) Come e dove deve essere indicato il prezzo di vendita al pubblico negli esercizi commerciali?
L'art. 14 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114 sulla disciplina del settore commerciale, dispone che:
- i prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all'ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell'esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, devono indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l'uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo;
- quando sono esposti insieme prodotti identici dello stesso valore é sufficiente l'uso di un unico cartello. Negli esercizi di vendita e nei reparti di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita del libero servizio l'obbligo dell'indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni caso per tutte le merci comunque esposte al pubblico;
- sono esclusi dall'obbligo di indicare il prezzo, quei prodotti sui quali il prezzo di vendita al pubblico sia stato già impresso direttamente dal produttore in maniera chiara e con caratteri ben leggibili, in modo che risulti facilmente visibile al pubblico;
- i prodotti confezionati che portano sull'imballaggio l'indicazione di un peso o di una capacità, è imposto l'obbligo di segnalare al consumatore un doppio prezzo di vendita: il prezzo di vendita del prodotto al pubblico ed il prezzo per unità di misura (chilo o litro). Questa doppia indicazione facilita il confronto di prezzo tra prodotti confezionati in misure differenti.
Norme particolari sono previste per l'indicazione dei prezzi degli oggetti preziosi.

11) In cosa consistono le nuove garanzie sui beni di consumo?
Il Decreto legislativo n. 24 del 2 febbraio 2002 in tema di vendita e di garanzie dei beni di consumo si applica a tutti i consumatori. Sono quindi esclusi dalla nuova disciplina coloro che effettuano acquisti per scopi imprenditoriali e professionali.
Il decreto sancisce l'obbligo del venditore di consegnare beni conformi al contratto di vendita e chiarisce che tale conformità va valutata con riferimento all'uso normale del bene, alla descrizione fatta dal venditore, alle caratteristiche pubblicizzate ed a quelle di beni dello stesso tipo ed anche con riferimento a particolari usi richiesti dal consumatore stesso, purché espressi chiaramente al venditore e da questi accettati.
Appare necessario evidenziare che si sta esaminando una disposizione che riguarda la non conformità del prodotto a quanto promesso. In merito invece ad un prodotto difettoso, viziato, che non funziona, si continua a far riferimento all'art. 1490 del Codice civile che impone al venditore di garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
Le nuove disposizioni vincolano pertanto il venditore alle informazioni pubblicitarie ed alle dichiarazioni in generale effettuate al consumatore durante tutte le fasi precedenti all'acquisto.
In linea generale, la normativa sancisce il principio di responsabilità del venditore in caso di difetti di conformità del prodotto venduto. In tal caso offre al consumatore la possibilità di scegliere tra le seguenti possibilità: la riparazione del bene acquistato, la sua integrale sostituzione, una riduzione del prezzo od, infine, la risoluzione del contratto.
La decisione spetta sempre al consumatore, con l'unico limite che non potrà pretendere la sostituzione del bene qualora questa sia eccessivamente onerosa per il venditore (in tal caso spetterà solo la riparazione). Sia la riparazione che la sostituzione saranno comunque a carico del venditore.
Importante è anche il principio secondo il quale sia la riparazione che la sostituzione devono avvenire entro un termine congruo dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore. Quale ulteriore garanzia viene offerta al consumatore la possibilità di chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto anche qualora la riparazione o sostituzione non sia stata effettuata entro un termine congruo.
Il Decreto afferma inoltre che la responsabilità del venditore sussiste qualora il difetto di conformità si manifesti entro due anni dalla vendita; il periodo di garanzia, spettante per legge su ogni acquisto, viene pertanto innalzato da uno a due anni.
In tal caso il consumatore ha comunque l'obbligo di denunciare, a pena di decadenza, il difetto al venditore entro due mesi dalla scoperta.
Pertanto su ogni acquisto effettuato dopo l'entrata in vigore del Decreto (23 marzo 2002), spetterà comunque una garanzia legale per due anni. L'unico vincolo per il consumatore sarà quello di denunciare il difetto tempestivamente, ossia entro due mesi dalla scoperta.

12) Cosa devo fare per vendere prodotti via Internet?
Gli adempimenti che un'impresa commerciale deve rispettare, per poter utilizzare come canale di vendita Internet, sono previsti dall'articolo 18 del D.lgs. 114/98 e dal Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70, attuativo della Direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico:
-inviare una comunicazione di inizio attività al Comune dove l'imprenditore individuale risiede oppure la società ha la sede legale utilizzando il modello ministeriale COM. 6 o COM. 6 BIS per il commercio elettronico (più due fotocopie del modello COM. completamente compilato e firmato);
-attendere trenta giorni prima di iniziare l'attività;
- attenersi nelle vendite a quanto previsto nei Decreti Legislativi 50/92 e 185/2000, in materia di contratti a distanza, e a tutti gli ulteriori obblighi informativi previsti dal citato decreto legislativo 70/03.
Nel caso di vendita di generi alimentari sono necessari i requisiti professionali (ved. domanda n. 4) e il rispetto delle disposizioni igienico-sanitarie (ved. domanda n. 8).

13) Ci sono finanziamenti o agevolazioni per chi intende svolgere un'attività di e-commerce?
Le agevolazioni previste attualmente sono quelle di cui all'art. 103 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, e successive modifiche ed integrazioni, e dalla legge 5 marzo 2001 n. 57. Sulla base di diverse circolari del Ministero per le Attività Produttive sono stati aperti 3 bandi (ved. sito Internet http://www.minindustria.it/) successivamente scaduti. Allo stato attuale non si registrano bandi aperti.

14)C'è l'obbligo del venditore al cambio della merce acquistata in un negozio? Quali sono i riferimenti normativi al riguardo?
Sussiste un obbligo di cambiare la merce solo in caso di difetto di conformità del bene rispetto al contratto, ovvero l'esistenza di un difetto che rende il bene inidoneo all'uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo.
Ciò in in base alle previsioni del d.lgs. 2 febbraio 2002 n.24 , che dà attuazione alla direttiva 44/1999 in materia di garanzie sulla vendita dei beni di consumo.
Peraltro la sostituzione del bene è solo una tra le opzioni risarcitorie previste.
Al di fuori da questo caso, e cioè nei casi in cui non ci siano difetti di conformità, la possibilità di cambiare la merce è un atto di cortesia ed è quindi a discrezione dell'esercente.

15) A chi ci si deve rivolgere per avere le informazioni necessarie per avviare un'attività in franchising?
E' possibile contattare l'Assofranchising (Associazione italiana del franchising), aderente a Federdistribuzione-Confcommercio, ai numeri 02/29003779 oppure 02/36569461.
E' possibile anche consultare il sito internet: http://www.federdistribuzione.it/associazioni/assofranchising.htm

16) Sono un impiegato/a del settore commercio, dove trovo le disposizioni del contratto di categoria?
Sul sito di Confcommercio sono consultabili sia il Ccnl dei dipendenti aziende terziario, distribuzione e servizi, sia quello dei dirigenti del terziario. I documenti sono presenti nella sezione "Contratti nazionali".

17) Durante il periodo dei saldi, quali sono le regole che devono osservare i commercianti?
Per il corretto acquisto degli articoli in saldo si ricordano alcuni principi di base:
Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo averlo acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (art. 1519 ter cod. civile introdotto da D.L.vo n.24/2002). In questo caso il negoziante ha l'obbligo della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso in cui ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.
Prova dei capi: non c'è obbligo. E' rimesso alla discrezionalità del negoziante.
Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante qualora sia esposto nel punto vendita l'adesivo che attesta la relativa convenzione.
Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. Tuttavia è possibile porre in vendita anche capi appartenenti alla stagione non in corso.
Indicazione del prezzo: il negoziante è obbligato ad indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale.

18) Durante il periodo dei saldi, quali sono le regole che devono osservare i commercianti?
E' possibile avere informazioni in proposito contattando le strutture di Confcommercio: Gruppo Giovani Imprenditori (tel. 06-5866357) e Terziario Donna (tel. 06-5866313).

19) Qual'è la regolamentazione relativa alla vendita di prodotti alimentari confezionati tramite macchine automatiche (vending machine)?
E' possibile contattare la Confida - Associazione Italiana Distribuzione Automatica, federazione nazionale aderente a Confcommercio, ai seguenti recapiti: tel. 02-33106427, internet http://www.confida.com/.

20) Come si fa ad aprire un'attività di ristorazione/bar/pub/internet cafè e simili?
Tutte le indicazioni necessarie sono contenute nel sito della Fipe-Confcommercio (Federazione Italiana Pubblici Esercizi, http://www.fipe.it/), nella sezione "Quesiti frequenti".

21) Dove trovo i recapiti e gli indirizzi delle federazioni nazionali di categoria? E quelli delle sedi Confcommercio provinciali?
Nella sezione "Il sistema" del sito di Confcommercio sono presenti i link a tutte le componenti del sistema confederale:
- Unioni regionali;
- Organizzazioni provinciali;
- Organizzazioni nazionali di categoria;
- Gruppo Giovani Imprenditori;
- Terziario Donna.